Testo Slipping sun time - Romeo Candido

Romeo Candido website
Go to content

Un'affermazione, presente nel testo che accompagna l'installazione Slipping sun time del 1997, potremmo considerarla una dichiarazione dell'intenzione dell'artista: “going out from a oneway context, proposing sights instead of ended form and transforming it in an open dynamic context: my route”. In un altro punto dello stesso testo si domanda quale sia la relazione tra acqua e memoria. “Le forme nel ghiaccio trovano una condizione di memoria stabile, ma un ricordo stabile è un reperto? O una realtà cristallizzata nel tempo dell'esistenza cosciente?” In quella installazione, l'artista ha vincolato differenti oggetti in blocchi di ghiaccio. Considerando l'acqua in rapporto con la memoria, passando dallo stato liquido allo stato solido cristallizza l'esperienza esistenziale-ricordo nel tempo, preservandola. Un paio di scarpe fissate in una lastra di ghiaccio appesa, che lentamente si scongela, fino a quando acqua e scarpe non cadranno sul pavimento. Si tratta di un'opera straordinaria, dove le scarpe divengono il simbolo e allo stesso tempo la prova dell'esistere nomade. Una realtà oggettiva, un'esperienza comunicata. Quindi quelle scarpe, in realtà, non sarebbero altro che un autoritratto dell'artista. Nell'opera di Candido però c'è anche altro perché quelle scarpe hanno il potere evocativo di qualcosa di arcaico, quasi preistorico, come il corpo di un mammut restituito al tempo contemporaneo. In questo senso acquisiscono la forza di un passato che è stato fondante e allo stesso tempo di un destino inconscio, che oltre ad essere soggettivo, cioè dell'essere che ha abitato le scarpe, diventa collettivo come condizione di un genere di umanità. Quel genere di umanità alla quale appartiene il poeta mi verrebbe da dire. Penso al viaggio di Lenz del Lenz di Büchner, il viaggio in cui ci si perde nella conoscenza del vuoto manifesto. Un viaggio a piedi è senza dubbio un viaggio esistenziale, ed è sorprendente quanto riescano ad essere struggenti le emozioni che questa immagine evoca.
Silvano Rutigliano [Ettore Malacarne] Aprile 2010

Studio Montefiorino
Back to content